L’ARTE DELLA LIBERTÀ. FALENABLU AL MART

Il no alla violenza contro le donne ha preso forma

L’argilla “narra” maltrattamenti e sentimenti. Il laboratorio “crea” il coraggio della denuncia

di Carmine Ragozzino

TRENTINO - Costume e Società (22 novembre 2013)

Che nell’arte il “privato” conquisti forme e colori “pubblici” è un fatto assodato. Ed è anche certo il fatto che un sentimento personale, spesso personalissimo, si possa spogliare - attraverso l’arte - di ogni intimità. Per accettare la sfida di un confronto collettivo, per cercare un confronto. Un dialogo.

È pure facilmente dimostrabile - in mille e mille esperienze, in mille e mille storie - quanto l’arte abbia proprietà terapeutiche. Quanto l’espressività - ogni disciplina dell’espressività e della creatività - possa contribuire a liberarsi di paure, insicurezze. Finanche di incubi. E quanto, allo stesso tempo, l’arte sia strumento di condivisione delle gioie, dell’allegria, della serenità.

Questo accade indipendentemente dalla qualità e dal valore del prodotto. Questo avviene - eccome se avviene - nel “percorso” interiore ed esteriore che porta al prodotto artistico. L’arte è tutto questo - ed ovviamente altro, molto altro - ma è anche un che di ancora più profondo, più produttivo, più socialmente significativo se si pone al servizio di una causa.

E la causa - nel caso - è l’orrore, (mai abbastanza svelato, mai abbastanza combattuto), della violenza sulle donne.

Violenza fisica. Violenza psichica. Violenza e basta. Violenza, sopraffazione: comunque sempre frutto di incultura e di una cultura, (maschile), avariata, marcia. Tragicamente sbagliata.

Ebbene l’arte al servizio di un progetto di emancipazione insieme singolo e collettivo è l’arte che da lunedì sarà in mostra per alcuni giorni nella sezione didattica del Mart. È l’arte del progetto “Falenablu”, ovvero una mostra di creazioni su ceramica che sono nate dall’elaborazione dell’argilla nel corso di un laboratorio svoltosi sotto la guida appassionatamente motivata di Valentina Musmeci. Un laboratorio in cui - par di capire e soprattutto si vedrà - non si è manipolato un materiale duttile. Si è, infatti, provato a manipolare l’anima, il recondito di ognuna delle sette partecipanti, le loro storie segnate dalla violenza.

Insomma, l’arte del coraggio prima dell’arte del creare, del simboleggiare – sulle mattonelle da mostra - una narrazione. Nel quaderno - diario della Musmeci, curatrice dell’iniziativa - si legge che “Il progetto Falenablu 2013 favorisce la rielaborazione del vissuto della vittima, offre strumenti per superare la vergogna, per potenziare la percezione di sé. Riflettere su ciò che vuol dire e sul come esprimerlo consente di comunicare la vita nella sua diversità e trasformazione per una comunità realmente condivisa».

Questa riflessione - dolorosa ma altrettanto liberatoria se solo si legge l’ammirazione per le protagoniste del progetto espressa dalla Musmeci - ha accomunato sette tra donne e uomini, (silenti e impegnati) dei dieci che avrebbero potuto partecipare al percorso. Sono stati invitati a partecipare al laboratorio - spiega Valentina Musmeci - dinne che avessero vissuto maltrattamenti in famiglia. E l’invito è stato rivolto anche a figli e maschi con vissuti di violenza domestica. Il reclutamento è avvenuto in forma anonima, attraverso un questionario messo sul sito di Falenablu.

Così è partita un’avventura umana prima che artistica. Incontro dopo incontro - con partecipanti in maggioranza dal Trentino - il laboratorio ha portato (passo dopo passo, fatica dopo fatica, ma anche sicurezza acquisita dopo sicurezza acquisita), a fissare sull’argilla i “richiami” a quel che ad ognuno era capitato. E i segni, profondi, che in ogni donna le vicende di violenza avevano lasciato. Le scelte estetiche? Astrattismo oppure verismo, anche il più crudo, il più duro. “Come - sottolinea la Musmeci - quella figura sdraiata a gambe aperte. E senza testa”.

Ma non è sul riscontro tecnico - che pure sarà pregevole - che occorre puntare l’attenzione. È il “cammino” che cinta e che va fatto contare in un panorama in cui troppo spesso vengono poste su immeritati piedistalli proposte culturali di più che discutibile spessore. Proposte senza coinvolgimento e senza emozione ma in compenso con tanta capacità di autopromozione.

Il progetto “Falenablu” deve aver lasciato traccia incancellabile tanto in chi l’ha organizzato quanto, e più, in chi ne è stato protagonista. “Falenablu - dice ancora la Musmeci - è la parte più profonda che si nasconde in ogni donna, la dolcezza femminea che di notte lavora alla ricerca della propria individualità. L’identità della donna, in molte donne un vissuto fatto di maltrattamenti e di violenze, anche solo verbali, chiede di essere consapevolizzato e narrato”. E la mostra che lunedì aprirà al Mart narra, eccome se narra, quello che una “forma” rende possibile più di ogni parola. Oltre ogni parola.

Lo spiega ancora, con semplice efficacia, la direttrice artistica del progetto: “La ceramica è fare con le mani, fare senza premeditazione, dal nulla. Ogni mattonella costituisce parte della rappresentazione di un archivio dei sentimenti”.

Ed il bello è che questi sentimenti avvolgenti e coinvolgenti - trasformati in immagini e rilievi - hanno preso corpo dentro i lunghissimi silenzi del laboratorio. Silenzi, tuttavia, capaci di urlare bisogni e ritrovate consapevolezze.

Di questo potente archivio di sentimenti viene data testimonianza in un “diario di progetto” che ha accompagnato l’esperienza artistica ed umana. “Emozionante - scrive una delle partecipanti - impastare i pensieri nell’argilla. Difficile per me farli diventare realtà. Mi mancava la tecnica. L’espressione artistica la trovavo man mano”. Ed un’altra: “È stata un’esperienza di sorpresa che grazie a te (rivolto alla curatrice), a Giuseppe e ai compagni di viaggio ha vissuto d’istinto senza neanche saperlo prima. Poche ore, ma l’impronta lasciata è stata profonda. Questo progetto ha per me una forte risonanza”. E infine: “Nella mente avevo presente ciò che mi sarebbe piaciuto esprimere. Attraverso quali immagini avrei potuto trasmettere il mio pensiero. Ma le mie mani hanno viaggiato poi per conto loro, creando forme e rappresentazioni che hanno svelato anche a me stessa quello che regnava realmente nel mio cuore. Blu come il cielo, il mare, blu come gli occhi di mia figlia, blu come i lividi... che passano. E ritorni a guardare il cielo e il mare”.

Difficile aggiungere altro. E, infatti, qui si chiude. Con la conferma, una volta di più, che con l’arte - con tutte le arti - si può vivere meglio. E, per fortuna, non da soli.

Anche Riccardo Iacona e Nerina Fumanò porteranno contributi.

L’inaugurazione della mostra Falenablu è prevista lunedì alle 19 al Mart in occasione della giornata nazionale contro la violenza sulle donne. Alla presentazione parteciperanno il Sindaco di Rovereto, Andrea Miorandi, e Riccardo Iacona, giornalista Rai impegnato da sempre nelle battaglie per i diritti e per la giustizia con inchieste di grande efficacia, autore di “Se questi sono gli uomini”, un lavoro importante sulla “strage delle donne”. Valentina Musmeci, curatrice dell’iniziativa, spiegherà il percorso e ci sarà anche Nerina Fumanò, autrice del documentario “Unasu3”. “L’esposizione al Mart - dice Valentina Musmeci - è un modo di dare pari dignità alle opere di donne e uomini comuni, quale cosa migliore per combattere la vergogna se non esporle davanti ad un pubblico da cui sentirai non commiserate/i, ma capite/i e sostenute/i?”.