L’INTERVISTA MICHELA MURGIA

«Questa politica perpetua la denigrazione delle donne»

L’autrice di “Ave Mary”: così l’Italia non si affrancherà dal berlusconismo

di Paolo Morando

TRENTINO – Costume & Società (23 novembre 2014)

Tre anni fa il suo “Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna” piombò come una folgore nel dibattito sul corpo femminile e la cultura di massa italiana. Sul suo utilizzo nella televisione la pubblicità, certo, ma anche i varietà, fino a sfiorare lo stesso mondo dell’informazione. Per non parlare della politica: ancora freschi erano gli strascichi della vicenda delle “olgettine” e di certe candidature, come dire, ad alto tasso sexy nelle liste del Pdl per le europee del 2009. Ma il saggio-pamphlet di Michela Murgia andava a fondo di tutto questo, scavava cioè alle radici di un archetipo femminile appunto “creazione” culturale cristiana, che tutt’oggi si perpetua prestandosi a facili strumentalizzazioni. E sfruttamenti. E violenze. Per questo “Ave Mary” si attirò dure critiche: in prima fila naturalmente l’Osservatore romano. Ma lo lessero in tantissimi, molti più di quanti la stessa autrice prevedesse alla vigilia. A ben vedere, però, altro non era che la logica prosecuzione dell’impegno civile già mostrato in “Accabadora” che nel 2010 le valse il Campiello. “Da anni mi espongo sul tema della violenza alle donne - afferma la scrittrice che martedì sarà al MART  (vedi in basso) - e la mia presenza a Rovereto vuole essere un sostegno all’iniziativa di “Falenablu”, i laboratori artistici offerti proprio a donne vittime di violenza. Credo che dopo i maltrattamenti più che un atteggiamento rivendicativo che tende a enfatizzare il vittimismo, serva proprio questo genere di reazioni: organizzare una risposta creativa nel segno della bellezza per la ricostruzione di un’identità, quello che gli anglosassoni definiscono “empowerment”. Uscire cioè dalla condizione di vittima per acquisire controllo e potere su sé stesse.

Come si è spiegata il successo di “Ave Mary”?

L’accoglienza fu straordinaria, perché toccavo una questione che è ancora irrisolta: il rapporto tra l’immaginario cattolico e la determinazione di modelli di genere come ce li immaginiamo socialmente. E continuo a ritenere che la violenza alle donne, quotidianamente, sia qualcosa di più ampio e generale rispetto al pugno in faccia; attorno a noi c’è tutta una cultura di cui sono responsabili tanti e diversi enti “costruttori”. La Chiesa per la sua parte, certo, ma non è la sola. Penso ad esempio alla comunicazione politica in cui sempre più spesso ci si permette di stabilire graduatorie estetiche, e al tempo stesso appunto politiche, tra donne dallo stile “Lady like”, come ha detto nei giorni scorsi Alessandra Moretti, e altre meno compiacenti in termini di seduttività.

«Io, la Boschi e la Madia abbiamo uno stile “Lady like”: dobbiamo e vogliamo essere belle, brave, intelligenti ed eleganti», queste le parole dell’europarlamentare Alessandra Moretti. E il pensiero corre subito a quanto disse Berlusconi di Rosy Bindi.

Come no, più belle che intelligenti. Anche se ora a parlare è una importante esponente del Pd renziano, appunto la Moretti, il registro è lo stesso. E non si riesce a uscire da questo meccanismo denigratorio nei confronti della donna che non risponde a un ruolo socialmente definito: quello dettato da una mentalità maschilista. Che però come si vede è ormai trasversale.

Quanto crede che abbia pesato la tv commerciale, negli ultimi trent’anni, nel rafforzare questo genere di stereotipo?

Molto. Ma non nel senso che li abbia generati: piuttosto, ha dato loro spazio legittimandoli. Prima ci si vergognava di dire o pensare certe cose come anche solo andando in edicola a comprare una rivista sexy, magari la si nascondeva dentro “Famiglia cristiana”. Ora sono addirittura le donne a rivendicare il diritto si vendere il proprio corpo come fase conclusiva del percorso di liberazione degli anni ‘70. Un ribaltamento diabolico, vendersi per tornare schiave. Ma nonostante trent’anni di tv berlusconiana, lo ripeto, quella visione della donna non è ascrivibile solo a un cote di destra: lo provano proprio le dichiarazioni della Moretti di questi giorni.

Lorella Zanardo da tempo s’impegna per cercare di scalfire questa mentalità: con documentari, libri, soprattutto attraverso incontri nelle scuole. Le sembra che qualcosa stia cambiando?

Modificare a fondo una mentalità non è cosa da poco. La riflessione che Lorella ha avviato con “Il corpo delle donne” ha però avuto un impatto enorme il che significa che almeno una parte della società era pronta per rimettere in discussione il problema. Ma va anche detto che il suo sforzo da qualcuno è stato facilmente strumentalizzato politicamente contro la destra di Berlusconi. E ora che al governo c’è Renzi lo si vuole far tornare in secondo piano: non caso è stato proprio il Pd a non gradire il nome di Lorella Zanardo per il cda della Rai.

Quanto servono le leggi come ad esempio la “quote rosa” in politica, per cambiare una cultura?

Le nazioni più avanzate hanno utilizzato le leggi proprio in chiave pedagogica: se una situazione non si genera da sola, ed è ciò che accade in Italia dove chi gode di privilegi mai intende spogliarsene, servono eccome. Torno alla frase della Moretti che è il frutto esemplare di questa cultura. Una cultura che è fatta anche di luoghi comuni del tipo l’amicizia tra le donne non esiste, o che le donne tra loro sono più competitive degli uomini: tutte leggende mai provate da nessuno studio.

Lo scorso febbraio era candidata alla presidenza della Regione Sardegna, senza successo: nessun imbarazzo come autrice? Non teme conseguenze nel rapporto con i lettori?

Se fossi un chirurgo questa domanda non avrebbe senso; al paziente interesse che chi lo opera sia all’altezza, non per chi vota. Comunque, io intendo la scrittura come vocazione civica. E il mio profilo autoriale non è mai stato compiacente. Non nascondo che questo possa essere un danno, benché “Ave Mary” abbia avuto un consenso trasversale.

Intellettuali e politica. Una volta c’era Pasolini. Oggi si sente sola?

Non mi pare, penso a Erri De Luca, Loredana Lipperini, Gianrico Carofiglio, per certi versi anche Antonio Pennacchi. Ma oggi celebriamo Pasolini per come ha inciso nella realtà sociale, dimenticando che negli anni ‘70 veniva marginalizzato. Basta pensare al suo rapporto con il Partito comunista.

Che lo espulse.

Infatti. La verità è che l’intellettuale, se agisce bene, è sempre marginale, poiché è scomodo. Per tutti. Perché non è al servizio del potere dominante. A cui invece oggi piace avere attorno certi intellettuali.

Pensa a Renzi e Baricco?

Il nome di Baricco lo fa lei.

Pareva che Renzi dovesse farlo ministro, invece... Sarà per questo che negli ultimi tempi Baricco non si è più fatto sentire?

Ma non ha neppure pronunciato alcuna parola di smarcamento rispetto a Renzi.

MARTEDÌ PROSSIMO AL MART LA SCRITTRICE INAUGURERÀ LA MOSTRA

L’idea di “Falenablu”: laboratori artistici per vittime di violenza

Il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, sarà possibile ascoltare Michela Murgia al Mart di Rovereto in una conferenza interamente dedicata al  dibattito su tale fenomeno, purtroppo sempre più di attualità. La scrittrice sarda sarà impegnata dalle 17.30 presso la sezione didattica per l’inaugurazione delle opere che otto donne vittime di violenza hanno realizzato nei laboratori del Mart; si tratta del progetto “Falenablu”, alla seconda edizione, che ha offerto loro tre seminari gratuiti di lavorazione e creazione con l’argilla. Il giornalista Riccardo Iacona aveva inaugurato l’esposizione dello scorso anno, ora sarà Michela Murgia a parlare del difficile tema della violenza contro le donne a partire dall’idea della donna che la nostra cultura esprime. All’inaugurazione seguirà una conferenza moderata da Alexander Schuster, valida ai fini dell’aggiornamento professionale per gli insegnanti. L’esperienza dei laboratori pratici di ceramica, condotti da Valentina Musmeci e Giuseppe Marcadent, propone un percorso autobiografico, qualche segno su una tavoletta di argilla, uno spazio vuoto da riempire, l’espressione della sofferenza, del non detto. L’iniziativa già lo scorso anno aveva offerto un percorso di auto-consapevolezza individuale ai partecipanti, donne e uomini che avessero vissuto situazioni di maltrattamento in famiglia; nello stesso tempo si propone come opportunità di riflessione ed incisione nella cultura del nostro paese.